martedì 28 ottobre 2008

Uno strano episodio

Dopo otto ore di lavoro interminabili
mi accomodo nella mia macchina,
mi preparo ad affrontare la solita noiosa coda che mi guiderà fino a casa.

Mi accingo a raggiungere quel malefico stop al quale ogni giorno attendo 3 min. di orologio prima di riuscire a svoltare a sinistra. Guardo ipnotizzata tutti i fari delle auto che sfrecciano davanti, e penso a quante cose si possano fare in tre preziosi minuti.

Ecco un vuoto e via, sfreccio a sinistra per poi fermarmi dopo pochi metri dietro le tante macchine che nervose attendono di superare i tre semafori. Il primo passa indenne.
Ci mancavano anche i lavori in corso su questa fabbrica di attesa. Il secondo è un agguato…non si riesce a passare. Troppa fila. E i verdi scorrono veloci, ma senza che le macchina riescano a passare.

Arriva il terzo, il più infimo.
Le macchine girano tutte a sinistra e il verde dura due secondi e mezzo. Il mio amico cingalese ha scelto proprio questo semaforo per vendere rose. A volte appare, a volte scompare, bassettino dietro quell’immenso mazzo colorato. Ormai mi riconosce, e facciamo conversazione. Una conversazione che più il là del “come va” e qualche domanda sommaria non si spinge mai. Lo sa che non comprerò la rosa. Ma ogni sera ci prova a farmene comprare una.

E qui la scena comica. Le macchine in fila guardano i rossi sfilare senza riuscire a guadagnare terreno. Già di per se. Fila di qui, e fila di la, lungo tutto il vialone. Sembriamo tante tessere del memory che aspettano che qualcuno trovi la nostra auto gemella per vincere punti.

Ed ecco che dall’auto davanti a me si apre improvvisamente lo sportello del conducente, e quest’uomo sulla quarantina scende veloce, come se migliaia di formiche rosse lo stessero mangiando. Lascia lo sportello aperto, e si dirige verso il campo, desolato e malato, sede notturna di senza dimora e signorine, che costeggia la carreggiata.

Lo vedo liberarsi con sollievo del lieve bisogno che rendeva invivibile il traffico. Fa pipì. Sorrido, e mi chiedo da quanto tempo la stesse tenendo. Mi aspetto che ritorni nel suo abitacolo, ma non arriva. Il verde scatta e la fila di macchine dietro non può superare l’ostacolo della macchina ferma…dietro ai vari abitacoli la gente inizia ad irritarsi e chiedersi perché non si procede a passo d’uomo come al solito? Basita mi guardo attorno per cercare l’uomo pipì…ed eccolo lì..dopo uno sguardo approfondito lo trovo accovacciato tra i rami rarefatti dell’unico cespuglio presente.

Non ci posso credere signori, lui, l’eroe de no’ artri, ha fermato decine di automobilisti per ben due verdi scattati per poter fare la sua vitale, quotidiana cacata!!
Un grande.
Anya

Recondita teatralità

Hai indossato l’abito che ti risalta di più
Hai curato che ogni dettaglio ti rispecchiasse il più fedelmente possibile.
Ti sei data un po’ di tono e raggiunto sicura il centro della scena.

Hai scelto le parole più eleganti,
i pensieri più profondi,
i tuoi sguardi più sinceri.

Il sorriso più smagliante, ed ecco lo Zenit.
Ti blocchi al centro del semicerchio
carico di atmosfera e riflettori,
alzi il mento e sorridi.
Uno sguardo verso tutti, e poi
l’inchino.

La platea gremita si infervora,
l’applauso scoppia in un boato,
i piccoli fiori arrivano fino ai tuoi piedi.
Ringrazi riverente
e il sipario di insinua con veracità fino a serrarsi.

Il cuore ti scoppia di emozioni,
chiudi le mani tra cuore e mento,
ti senti esplodere di euforia.

Quando sfiori con lo sguardo
il caldo rosso velluto di quel muro che ti separa dal mondo
l’euforia scompare.

Torni a sperare che il tempo non scorra
mentre ti lasci vivere dai giorni e dalle ore,
che il tempo attenda lo svanire del tuo trascinarti in avanti
per ripartire con il suo normale ciclo.

Tanta euforia, che riempie tanti brevi istanti e ti pervade
ma ancora nulla ha colmato quel vuoto,
Lì dove prima avevi riposto la felicità più intensa e duratura,
lì dove prima avevi i tuoi sogni da realizzare,
lì…ci sono ancora macerie e deserto.
Anya

Le briciole di Pollicino

Perchè quando avevo la tua età...tu c'eri già.

Immerso nel buio della tua stanza,
mi chiedo quali siano i pensieri informi che ti sfrecciano davanti,
nel freddo della tua tenera età che tanto tenera purtroppo non lo è più.

Le mie parole ti trafiggono come proiettili, e per un istante fingi di esserne scosso,
trapassato, come risvegliato da uno stato di catalessi in cui non ti sei nemmeno accorto di essere.
Ma dopo soli pochi istanti scommetto che delle mie parole ti ricordi solo il nulla
Un nulla noioso, scaldato e riscaldato
Già masticato e troppo stantio per essere metabolizzato.

Mi chiedo come possa abbattere quel muro di fantasia
che ti impedisce di capire che la sincerità è il solo tuo appiglio per la salvezza.

Mi chiedo quali parole io possa usare per arrivare dritta alla tua coscienza.
Fiducia... un bene prezioso che ormai in pochi sono ancora disposti a concederti.

Non ti spaventa la nomea che ti trascini dietro,
non ti preoccupi di nulla e passi sopra a tutto,
come un bimbo che crede di essere grande,
che alla ricerca di un riparo cerca invece di fuggire.

Senti freddo ma non lo dici. Sarà l'età. Sarà normale.
Credici un po' di più. E' la testa che deve correre veloce.
Le responsabilità delle tue azioni.

Un sussulto, forse ti saranno scese le lacrime,
ma ancora mi chiedo quanto tu sia riuscito ad essere sincero con me.
Siamo in tanti a stringerci attorno a te, cercando di riscaldarti,
eppure tu sembri inerme.

I primi passi, i primi successi arrivano,
ora scava più in profondità. Impegnati.
Non potrai dimenticare questi anni.

Accanto a te il mio pensiero, che da bimbo quale sei preferisci pensarlo come un angioletto.
Poco conta se lo scansi ogni volta che dovresti dimostrarti qualcosa.

Nel buio della tua stanza sei solo.
Puoi inventare tutte le storie che vuoi,
puoi riuscire a ingannare tutti, tranne te.

Spero che ti faccia poco male capire cosa significa crescere.
L'adolescenza ha i suoi segreti, ma tu..lascia aperto uno spiraglio di questo fitto muro
oltre il quale non si riesce più nemmeno a scorgere dove finisce il tuo sguardo.

Io sarò qui. Ma tu non mischiarti nel nulla, non farti trascinare a fondo.
Ricorda davvero i miei pensieri. E quando sarai adulto, riusciremo a riderci sopra.

Prendi lo slancio, impara a pensare,
le lacrime un giorno diventeranno forza.
E sarò sempre li a ricordartelo.
Perchè da quando ci sei io sono il tuo riparo. E sempre lo sarò.
Anya

mercoledì 22 ottobre 2008

Luce e ombra

La drasticità è necessaria quando si tratta di decidere dentro o fuori.
Il contrario sarebbe solo un subdolo giochetto entro il quale si può muovere solo una persona priva di obiettivi, priva di valori, priva di sentimenti.

La corazza è dura, e vedere ciò che c'è dentro è arduo. E' chiuso a chiave, e forse nemmeno nel momento più propizio riuscirà ad uscire. A svuotare lo spazio che potrà essere riempito con altro.

E' la scorza che permette di non porre domande, di non cedere alle mille curiosità di sapere perchè, cosa pensi, come ci sei arrivato. E permette invece di rispondere alle tue domande con assoluto equilibrio, pacatezza e serenità. Alle tue tante domande. Senza nemmeno una spiegazione.

Il turbine di emozioni che subito si alza al cielo mostrando un'intensità che lascia senza fiato, i gesti più semplici che fanno tamburellare i nostri battiti a ritmi accelerati. Un continuo crescendo.
Poi ancora la corazza, poi ancora la pagina vuota. Con la certezza di sapere di aver vissuto con sincerità questi momenti quasi onirici, almeno.

Grazie per il sogno fantastico che ho avuto la possibilità di sfiorare ancora con la punta delle dita.
Sono sicura che hai compreso i miei silenzi, e la mia concretezza.
Mi stringo nel bavero in questo freddo e in questa neve. Cerco protezione.
Tutto il resto sta fuori. E ora, solo chiarezza.

Anya

venerdì 10 ottobre 2008

Sgretolio ed implosione


Il cuore che si spezza non fa rumore.
Non urla.
Si frantuma silenziosamente senza disturbbare troppo.

Rapisce il respiro e stringe lo stomaco in una morsa stretta stretta proprio lì...tra cuore e pancia, congelandoci e facendoci vibrare di brividi sconosciuti che ci pervadono e scuotono timidamente il corpo.

Le gambe tremano, sembra di camminare tra le nuvole, o nelle sabbie mobili. Tremano, senza che si possa fare nulla.

Poi ancora si vive, si ride, si girano le pagine delle situazioni che si susseguono una ad una, oppure tante, contemporaneamente.
Unici registi ed attori.

Ma tra le righe dei pensieri a volte ricompare questo sordo frantumarsi di una vita dentro.
A volte si chiudono gli occhi, cercando di evitare il collasso delle pareti.
Altre si cede, senza opporre resistenza, perchè sarebbe comunque vana.

Il dolore fa male. Permane radicato pur mutando nome e forma.
Si cade, ma ci si rialza.
In qualche modo tutto passa.

Naturale decorso senza dover per forza trasformare tutto in rabbia, rancore o quant' altro.
Le menzogne non hanno senso.
Non si può.

Passo dopo passo
Vita dopo vita
Mattone dopo mattone.

In me c'è tutta la forza necessaria.
Ne uscirò ancora più forte.
Ancora migliore.

Anya

Il sole nell'abisso

In fondo alla strada il sole splende sempre.
Anche quando ci sentiamo smariti nell'abisso.
Anche quando vediamo solo la nostra faccia di fronte a noi.
Anche quando cerchiamo disperatamente la mano di qualcuno che però non troviamo mai.

E quando scopriamo di farcela da soli ci facciamo tenerezza per esserci battuti così tanto e così forsennatamente per cercare ad ogni modo di trovarla.
Si eviterebbero tanti errori.
Si vivrebbe forse meglio.
Ma capirlo serve, per il futuro.

Arriva il momento della resa dei conti con noi stessi, e si capisce che per quanto ci si batta, ad ogni cosa c'è un perchè, e tutto comunque va come deve.

Non siamo ciò che ci capita, ma ciò che sappiamo far uscire da ciò che ci capita.
E poi il sole sorgerà.

Di nuovo.

Anya

Il forziere nascosto


Ho scoperto di avere una parte razionale, matura e forte che non conoscevo, e che mi stupisco di avere.

Si chiude la porta di una stanza dove avevo stipato sofferenza, umiliazione, tristezza e aridità, illusioni sgretolate. Si chiude la porta di una casa dove per lungo tempo erano riposti i sogni più belli, l'amore più grande, le speranze più ridenti, e quanto più di bello ci sia.

Ora dietro la porta che troverò c'è tanta voglia di credere a chi mi conosce per come sono davvero, a chi mi vuole bene, a chi mi ripete cose belle, dette col cuore, e che sento vere, e sincere.

Riuscire a credere in me è fantastico. Sapere di essere forte a sufficienza per domare la tempesta è meraviglioso.
Ora davanti a me ho il portone di ciò che saprò fare di me. E riuscirò a compiere gesti aggraziati, e passi avanti, grazie anche alla stima che mi stanno dimostrando soprattutto le persone che stimo.

Riesco semrpe a cadere in piedi, grazie solo a me. Non perdo mai. Le mie esperienze, anche criticate da chi non le ha mai comprese o condivise, mi sono servite per essere così. E ora riaffiorano con i loro insegnamenti dandomi forza e equilibrio. E mi servono ora, per essere ancora migliore, per riuscire sempre a fare la differenza. Anche se vestita di buio, paura e tenebre.

Essenzialmente sono fiera di come sono. Respiro il dolore, ed emetto armonia.

Anya

martedì 7 ottobre 2008

Noir d'altri tempi

Me ne stavo lì, appoggiata a quello sgabello di quel vicolo semibuio, bevendo dal mio bicchiere in beata solitudine.
Davanti a me uomini, ragazzi, su ambo i lati della stradina desolata che proprio, non aveva niente da dire.
Ognuno impregnava la loro attesa con gesti insulsi, studiati persino, come a prepararsi una parte da recitare, un personaggio che volevano proprio ostentare.
Ad un tratto la porta sul fondo si apre scorrendo, ed esce lei, bionda, vestita di nero, con un soprabito di pelle rossa cavalca la strada con aria sicura, di chi ignora completamente il vagare composto che le sta intorno.
Gli uomini allora le lanciano apprezzamenti, l’uomo elegante le si avvicina, sfoggia un sorriso da spot pubblicitario, cerca di arruffianarsela, ma lei lo guarda sorridendo cercando di dargliela a bere, e quando lo liquida fa una smorfia di disprezzo che solo io, e gli altri pretendenti del momento riusciamo a notare. E l’uomo elegante non se ne va. Rimane nella sua anonimità.
C’è un gruppo di ragazzi che la squadra fischiandole parole poco eleganti, ma che vorrebbero colpire nel segno. Tutti si girano a guardarla.
Lei passa oltre, senza dare il minimo riguardo.

E' il turno dell’uomo vestito da bulletto, tipico personaggio costruito intorno a se, fuma la sua sigaretta con sufficienza, e con la sua aria ridicolamente sufficiente le alza un sopracciglio in cenno di saluto. Diversamente dagli altri non si scompone per avvicinarsi, ma sta in disparte e aspetta sicuro che lei giunga da lui. Penso che si conoscano.

Ma ecco l’uomo bellissimo, che intercetta il passo della diva di ghiaccio e si interpone tra lei e il menefreghista. Le offre un bacio di dama incartato in una pallida carta, fa il galante, ma lei si gira e sembra che solo io riesca ad udire le parole che mi bisbiglia guardandomi negli occhi: “ non temere, non cado. La sua bellezza stordisce, le sue parole sono meravigliose, ma sono il veicolo che usa per far aprire le gambe a qualsiasi donna. Ognuna è una scommessa.”
Lei si gira, ricambia il sorriso all’uomo dagli occhi di ghiaccio, lo guarda attratta… ammicca, gli sorride, poi cede il bacio di dama declinando gentilmente l’invito appena ricevuto, e augurandogli con una dolcezza disarmante di ingozzarsi con il suo patetico bacio di dama.

Ecco che giunge dall’apparente gradasso della situazione, il sicuro.. lei le si avvicina, lui la bacia con abitudine, lui le sussurra un ciao disinteressato dall’angolo della bocca che sputa il fumo della sua sigaretta. Alza un sopracciglio, accenna uno sbadiglio, e si gira per dirigersi con lei verso l’auto.
Lei però non muove un capello, e lo guarda negli occhi.
I suoi occhi sono solo buchi neri, che nascondono tutto.
Fari puntati sulla sua anima.

Bevo a grandi sorsate ringraziando il fato per aver spezzato la noia con una scenetta del genere, e mi accendo una sigaretta.
Lui si gira, la guarda con aria sollecita, e fa un cenno muto verso la macchina come chi impaziente attende il prossimo capitolo da scrivere. Lei lo fissa, lo accarezza ma con il fuoco dei suoi occhi brucia: “ mi spiace, non mi basta. Cerco l’eccellenza, di meno non mi può più bastare. Non mi sfami, è inutile fingere.”
Lui la guarda con un ghigno di chi deve reagire con virilità alla verità sparata alla velocità del piombo. Butta la sigaretta finita a due centimetri da lei, non si scompone nemmeno minimamente. Si gira, e va verso la macchina. Degnandola solo di un’occhiata furtiva quando apre la portiera.

Brava amica, penso ingurgitando alcol.
A quel punto l'uomo elegante e piuttosto insignificante fa per raggiungerla da dietro, sfregando le mani come un avvoltoio sulla carne già masticata. Piovono parole dolci, piovono carezze, poi lei si scansa abbaiando "Aria...non le aprirò nemmeno per te stasera. Né mai"

Poi lei viene dritta verso me, cavalcando l’onda con il suo tacco vertiginoso, che conficca nel pavimento con la forza cieca di una belva appena sfamata della sua preda.
Mi si avvicina e si ferma al mio tavolino.
Guarda il bicchiere.
Io la guardo e guardo il mio bicchiere, come un tacito invito a servirsene pure senza problemi.
Fa un sorso, tenendo puntati i suoi occhi di tenebra sui miei. Appoggia con un tonfo il bicchiere e dice: “tu sai cos’ho dentro, vero?”

La guardo con sicurezza, annuisco socchiudendo gli occhi. A quel punto sposta un lembo del suo soprabito di pelle rossa, unico colore in questo noir d’altri tempi, e mostra un tatuaggio che cita “Iena Ridens”.
Accenno un mezzo sorriso senza dischiudere le labbra, e bevendo dall’ormai nostro bicchiere dico con sufficienza “tenebra, o casomai pantera sarebbe stato più pertinente”. Si interpone tra me e il bicchiere ringhiando: “Non è ciò che sei che ti devi ricordare, ma chi più spesso dovresti imparare ad essere”.

Si gira, solleva i capelli e scopre un minuscolo tatuaggio sulla sua pelle candida HKY. A quel punto sgrano gli occhi e lei dice “riconosci?” Scopro la mia nuca, e le mostro la sigla discreta ed indelebile. E’ il codice fiscale di chi riesce a vivere come noi, rispondo. Lei mi guarda e chiede “sai cos’ho dentro, vero?”
La guardo e le rispondo di si.

Ci contendiamo il bicchiere per un sorso veloce di magico fluido, ma lei mi blocca la mano, mi solleva dallo sgabello tirandomi per il collo, mi guarda negli occhi e mi bacia intensamente.
Ci fissiamo a lungo finché le rispondo: “il Fuoco”.

E lei continuando per la sua falcata verso chissà dove si gira, mi sorride urlando…"e tu con me".
Mi alzo stordita, non capisco cosa voglia dire.
Bevo l’ultimo sorso, svuoto il bicchiere scossa da una forza ignota ed una rabbia recondita, mi dico che il veicolo comunemente usato per ammagliare ha davvero un solo scopo.
Lascio i soldi sul tavolo, mi allontano per le vie di questo patetico vicolo noir, degli uomini non è rimasto che il loro profumo di insicurezza e indegnità.
Mi dirigo alla mia macchina con aria di chi conosce il mondo, ed è fiero di conoscere se stesso.
Mi specchio nella portiera e sobbalzo.
Sono lei.

Anya